INSIEME. Abitare la Terra con gli altri animali – 5 Animali, donne, carne (da macello?)

Animali, donne, carne (da macello?)

Proponiamo oggi un articolo a firma di Anna Ravaschietto che suggerisce uno sguardo molto particolare al tema del vegetarianesimo, legando il maltrattamento animale a quello della donna.

Uno spunto per interessanti riflessioni che ci piace qui dedicare, con la consueta gratitudine, alle dolci asine.

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[Mamma Celeste con il neonato Martino alla Corte degli Asini di Castelleone/Crema]

 

Anna Ravaschietto ha recentemente pubblicato per la casa editrice FrancoAngeli l’eBook “L’ETICA ANIMALE: LA VOCE DELLA CURA” per la Collana “Lavoro per la persona“.

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UN APPROCCIO FEMMINISTA ALL’ANIMALISMO

di Anna Ravaschietto

Cosa hanno in comune il femminismo e l’animalismo? In che senso la lotta contro le pratiche sessiste e quella contro il maltrattamento degli animali possono essere viste non solo in continuità l’una con l’altra, ma possono fruttuosamente rafforzarsi a vicenda? Queste domande stanno alla base di un filone di studi in campo morale che intende integrare la questione di come debbano essere trattati gli animali non umani con la prospettiva dell’etica della cura e di un certo tipo di femminismo. A questo proposito è illuminante The Sexual Politics of Meat, un testo di Carol Adams in cui vengono analizzati i rapporti sussistenti tra il femminismo e il vegetarianesimo da una parte, e tra il carnivorismo e la cultura machista e sessista dall’altra. Adams si propone di tenere insieme e ricongiungere diverse forme e pezzi, per così dire, di attivismo, laddove il riconoscere le connessioni è proprio una delle caratteristiche identificative del femminismo. L’autrice riprende da Jacques Derrida la nozione di “carno-fallogocentrismo” e tratteggia come, sotto la stretta del patriarcato, per essere riconosciuti pienamente come soggetti sia, più o meno esplicitamente, richiesto di mangiare carne. Attraverso un vastissimo repertorio, che spazia da comuni espressioni proverbiali a manifesti pubblicitari in cui la donna viene vista come carne da macello (e viceversa), viene evidenziato il nesso tra sessismo e consumo di carne. L’elemento comune è un sistema di potere gerarchizzante che pone e le donne e gli animali in posizione subalterna, riducendoli, nel peggiore dei casi, ad oggetti da consumare. In questo sistema donne e animali sono stati reificati, declassati dal rango di soggetti a quello di oggetti, privati della loro voce.

Ebbene, è proprio sul tema della voce che si concentrano le recenti teorie femministe che si occupano di etica animale in senso relazionale, a partire dall’etica della cura: si tratta infatti di porsi in ascolto e di essere solleciti verso i bisogni di cura espressi dalla voce incarnata degli altri; anche, e anzi in particolar modo, quando queste voci sono diverse dalla nostra, come nel caso degli animali. Si vuole cioè riconoscere una voce agli animali, una voce che, seppur molto differente dalla nostra, va presa in debita considerazione proprio nella sua diversità, in particolar modo quando il suo essere silenziata è così connesso alle nostre pratiche, al nostro quotidiano vivere, come nel caso dell’alimentazione. Nel portare a visibilità questi soggetti, le riflessioni di queste autrici non vogliono programmaticamente procedere con una morale calata dall’alto, attraverso argomentazioni logicamente inattaccabili, come tanta etica animale tradizionale ha fatto, ma al contrario vogliono partire proprio dalle nostre pratiche, dalle situazioni in cui siamo calati, dai nostri sentimenti e dalle nostre posture morali per tornare a lavorare (con cura) sul nostro stesso sentire morale e a trasformare le pratiche stesse a partire dal basso della nostro esperienza.

Celeste e Martino 2

 

Anna Ravaschietto, da sempre interessata alla “questione animale”, si laurea in Filosofia presso la Sapienza Università di Roma con una tesi che fa dialogare l’etica animale con l’etica della cura. Ospitata in qualità di borsista presso il Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” dei Cavalieri del Lavoro, è vincitrice della quarta edizione del Premio Valeria Solesin indetto dalla Fondazione Lavoroperlapersona.