PREMIO SPECIALE E PRIME MENZIONI. Dal nostro concorso letterario
Dopo i racconti saliti sul podio, continua la pubblicazione dei testi che hanno avuto più fortuna al Concorso letterario indetto da Asiniùs. Pubblichiamo oggi il racconto che si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria e il primo tra le Menzioni di merito (che, 6 in tutto, pubblicheremo seguendo l’ordine alfabetico dell’autore).
Ecco a voi innanzitutto “Lucignolo”, lavoro a più mani del Collettivo Artisti delle Parole Ellepikappa di Pozzo D’Adda (Milano), a cui va ancora tutta la nostra simpatia:
LUCIGNOLO del Collettivo Artisti delle Parole Ellepikappa
Lucignolo ha 7 anni. La sua passione sono gli asini. Conosce tutto di loro. È da quando ha 2 anni che studia tutte le razze, come vivono, di cosa si nutrono. Anche se nessuno lo sa.
È domenica mattina ma i suoi genitori non ci sono. Luce è abituato a stare da solo. Sta quasi sempre da solo. I suoi genitori sono sempre impegnati. E quando sono a casa hanno comunque altro a cui pensare, da fare. Lucignolo va male a scuola, i suoi insegnanti dicono che non si impegna, che non ha interessi, che è grigio come un cielo d’autunno. Che è un asino.
Ma Luce di interesse ne ha uno solo: gli asini, appunto. Li dipinge in continuazione, ne fa ritratti. I suoi genitori non se ne accorgono nemmeno. Lui nasconde tutto nei cassetti della sua scrivania, cassetti pieni di fotografie e suoi disegni. Asini, asini ovunque che nessuno ha mai visto.
Anche oggi ha deciso di disegnare, come ogni giorno, il suo asino preferito. Un asino tibetano dal pelo grigio e nero. Prende il libro degli animali dallo scaffale, quello alto, lo appoggia davanti a lui e apre alla pagina giusta. Pag. 108. Come vorrebbe accarezzare quel pelo così morbido. È sicuro che tutti i problemi sparirebbero se solo lo potesse fare. Lui non ha mai visto un asino dal vero.
Appoggia la punta della matita sul foglio bianco come la panna montata, il bambino chiude gli occhi per immaginare meglio, e quando li riapre quasi sta per svenire. Davanti a lui c’è l’asino, in carne ed ossa. L’asino tibetano.
“Ciao” – raglia – “Tutto bene Luce?”
Lucignolo non riesce nemmeno a parlare. Le parole gli si annodano alla lingua.
“Perché non parli? C’è qualche problema?” – chiede l’animale grigio e nero mostrando i grandi denti bianchi.
Il bambino diventa come di pietra. La pagina del libro, dove prima c’era l’immagine dell’asino, ora è completamente vuota e l’animale è proprio davanti ai suoi occhi.
“Ma tu… ma tu…” – Luce trema, ha paura, balbetta, non sa cosa fare. L’asino gli si avvicina e gli mette il muso vicino al cuore. Allora il bambino si tranquillizza subito come quando la mamma lo accarezzava, prima di dormire, quando era piccolo.
“No… no… non ci posso credere che sei vivo…” – dice Luce provando a toccare l’animale. Il pelo morbido sotto le dita.
“Vivo e vegeto, caro mio! Tu sei l’immaginatore…” –
“Veramente, io non sono niente…” – il bambino abbasso lo sguardo e le parole si fanno sussurro.
“Ehi, ehi, ehi” – si mette a ragliare forte l’asino – “Non c’è n’è un altro al mondo come te! Tutti abbiamo il nostro raglio nella vita, anche tu! Tutti siamo capaci d’inventarci il sogno che vogliamo! Prova!” –
“E cosa dovrei immaginarmi?” –
“Ma quello che vuoi, sono tuoi i sogni! Però bisogna sempre stare attenti a quello che si sogna…”
Lucignolo non chiude nemmeno gli occhi, prova a pensare al bicchiere di fragole più grande del mondo, alto come lui. Ed ecco che quello appare davvero.
“Visto!” – raglia l’asino di gioia, saltellando sulle zampe felici come molle.
“Incredibile!” – dice il bambino, sorridendo come non faceva da tanto ma tanto tempo.
Poi Luce si avvicina al bicchiere e prova a prendere una fragola con un po’ di panna.
“Ma allora è tutto vero?” – chiede con la meraviglia che gli fa sgranare gli occhi.
“Posso immaginare altro?” –
“Certo! Ti facevo più sveglio, sai?” –
Luce guarda dritto negli occhi strabici dell’animale e poi sussurra, come fosse una formula magica: “Allora immagino… immagino…” –
Subito appare una bicicletta rossa e oro che passa attraverso la finestra e vola via nel cielo.
“Che storia!” – grida il bambino che immagina, immagina ancora.
Sulla sua scrivania, appare una moka col caffé che ribolle. Poi una bacheca di vetro appesa al soffitto, piena di moto blu come il mare e gialle come i girasoli.
L’asino raglia di felicità mentre un gatto grande come una moneta, sull’ultimo piano dello scaffale dei libri, canta una canzone d’amore e nel cielo compare la luna.
Nuvole escono dalla bocca del bambino e si rompono contro un sole brillante che è apparso al posto del lampadario. Dietro la finestra compare un cane che cambia tutti i colori dell’arcobaleno, ecco che con la zampa picchia sul vetro della camera del bambino. Luce lo fa entrare. “Vuoi un caffè?” – chiede.
“No, grazie!” – risponde il cane – “non posso berlo, non mi fa dormire”.
Un gorilla salta fuori da sotto le coperte e inizia a strofinarsi le ascelle con un coniglietto di peluche che trova per terra, come se si stesse lavando sotto la doccia.
Ad un tratto l’armadio si riempie tutto di luci colorate che si mettono a volare, sono caramelle volanti luminose. Lucignolo ne prende al volo qualcuna, se le mangia e diventa scintillante come una stella.
In mezzo alla stanza appare una fontana di cioccolato, Luce ci mette dentro la faccia, poi la tira fuori tutta sporca e ride. Ride di gusto. Ride come non ha mai fatto in vita sua. L’asino raglia felice, sembra che rida con lui.
Il bambino beve altro cioccolato. Poi ancora e ancora, ha forse mangiato troppo, infatti fa delle puzzette colorate, rosa fucsia.
Un coro di formiche in mezzo al tappeto urla il nome del bambino. “Lucignolo!”, gridano, “Basta!”. Il bambino si ferma di colpo e le guarda camminare in fila indiana. Il capo sembra avere in mano una piccola bandiera con la faccia dell’asino.
“Hai chiesto a tua mamma come mi chiamo? A tuo papà?” – grida l’asino girando gli occhi vorticosamente come se fossero caduti dentro ad una lavatrice. Poi qualcuno bussa. Luce apre la porta della stanza ma non c’è nessuno. Vorrebbe uscire fuori ma non può, non ci riesce. Come se ci fosse una lastra di vetro indistruttibile e invisibile che non riesce a sfondare.
“Mamma? Papà?” – grida il bambino ma nessuno arriva. Nessuno lo sente.
Della mamma e del papà di Lucignolo nemmeno l’ombra. A dire il vero sembra che tutto il mondo si sia fermato. La stanza è troppo piena di cose. C’è cioccolato dappertutto, le fragole sono cadute fuori dal bicchiere. Le formiche urlano sempre più forte. “Basta! Basta! Basta!”
Il bambino non riesce a smettere di immaginare cose. E appare la tuta di un astronauta, romba un tuono e una scheggia di meteorite per poco non lo prende in testa. Litri di aranciata escono dal condizionatore d’aria, come fossero bocche di un cannone. In pochissimo tempo l’aranciata gli arriva ai polpacci.
“Aiuto!!!!!!” – grida il bambino. Muove le labbra ma la voce non si sente.
“Beviamo un po’ d’aranciata e non preoccupiamoci di niente!” – dice l’asino soffiando bolle di sapone dal naso. L’asino slappa sempre più veloce quel liquido arancione.
“Bevi!!!” – raglia.
“Mia mamma non vuole nemmeno che la bevo l’aranciata, dice che mi viene mal di pancia.” – il bambino ha una voce strana come rumore di passi sulle foglie.
“Ma adesso non c’è… no?” –
“Mia mamma non c’è mai” – le parole rimbalzano nella stanza come una pallina da tennis contro le pareti.
Tutto diventa buio in un momento e si accende una luce cambia-colore che va a colpire direttamente una palla da discoteca. L’odore di caramelle, cioccolato, fragole, panna, aranciata, riempie il silenzio. Una puzza terribile invade l’aria.
“Aiuto!!!!” – le sue urla sono come un vetro che si rompe. Nessuno sente.
“Nemmeno tuo papà c’è.” – dice l’asino e si mette a piangere. O forse fa finta.
Lucignolo cerca di tapparsi le orecchie. Ma quale orrore. Sono ricoperte completamente di pelo. E anche la faccia non è più la sua. Ha un muso a punta. Un muso d’asino.
“Non abbiamo tempo! Me lo dici dopo! Scusa ma devo rispondere al telefono! Non posso adesso! Vai in camera tua a giocare!” – gridano mille bocche che appaiono nella stanza stalla.
“Aiuto!” – ma la voce di Lucignolo è ormai un raglio sonoro che spacca il vetro della finestra. Linguaggio d’animale, non più voce umana.
Lucignolo chiude gli occhi e il mondo sparisce di colpo.
5 del mattino. È la notte di sabato che lentamente si sta trasformando in domenica. I genitori di Luce si svegliano di colpo. Sono nel loro letto, si guardano spaventati. “Lucignolo!” – dice la mamma. “L’hai sognato anche tu?” – chiede il padre.
Si alzano insieme. Percorrono il corridoio temendo il peggio. Spaventati per loro figlio. Come se fossero ancora intrappolati in quell’incubo tremendo.
In un attimo sono nella stanza del bambino. La paura gli fa accendere la luce di colpo.
Lucignolo è sotto le sue coperte. Apre gli occhi, strofinandoseli.
“Che succede?” – chiede.
La mamma corre ad abbracciarlo.
“Scusa” – dice sottovoce.
Il papà lo accarezza sulla testa. Per terra il libro degli animali. Aperto sulla pagina dell’asino, l’asino tibetano. Che sembra guardarli e ridere.
Anche se questo, lo sappiamo, non può essere vero.
E, di Gabriele Andreani che vive a Pesaro, “Il raglio dell’asino”. Non abbiamo purtroppo avuto il piacere di incontrare personalmente l’autore alla premiazione di settembre, ma lo presentiamo oggi a tutti voi tramite questa piacevolissima sua creazione.
IL RAGLIO DELL’ASINO di Gabriele Andreani
Egregio Sant’Antonio Abate, Protettore degli Animali,
io sottoscritto Asino, detto anche Ciuco o Somaro, figlio (dicono) di un Cavalluccio e di una Capretta, simbolo dell’ignoranza e della cocciutaggine, sono qui a supplicarla di intervenire in mia difesa, possibilmente con un miracolo o con qualcosa che gli assomigli.
I più grandi favolisti hanno fatto di me lo zimbello della Fauna. Mi hanno lanciato dei gran siluri e quelli che sono venuti dopo hanno fatto anche di peggio.
Esopo mi ha fatto passare per mezzo deficiente nell’Asino e il suo fardello, mi ha dato dell’invidioso nell’Asino e le Cicale, del rincoglionito nella Capra e l’Asino.
Fedro nel Vecchio Leone, il Cinghiale, il Toro e l’Asino ha fatto dire al Leone languente e prossimo alla fine che io sono la “vergogna della natura”; nell’Asino e il Leone a caccia mi ha descritto come un incapace, un presuntuoso, un truffatore; mi ha dato del vigliacco nell’Asino che schernisce un Cinghiale, mi ha definito un disgraziato nell’Asino e i Galli.
Non ne parliamo di La Fontaine! La Fontaine mi ha prosciugato l’anima. Mi ha cucito addosso, quando ancora non era periodo di carnevale, la pelle del Leone per darmi del poltrone; al Fato ha messo in bocca che son “bestia grulla” e “sciagurata” che sempre si lamenta della sua cattiva sorte; mi ha fatto ammazzare a sangue freddo (sì “ammazzare”, avete letto bene) dal Lupo perché, facendo io orecchie da mercante, al Cane avrei indebitamente rifiutato (ma è una menzogna!) l’erbetta fresca e gustosa di un pratello; mi ha attaccato ingiustamente perché un giorno avrei mormorato al vento (embè, e se anche fosse!): “Il Cagnolin, perché piccino, è il frugolo de’ padroni, che in grembo se lo stringono, e giusto ciò non è. A lui bocconi prelibati e zucchero, perché sa dar la zampa al suo padrone e per ogni smorfietta una carezza: e a me, perché son bestia non avvezza ai complimenti, sugo di bastone.”1
Zeus, cui una volta noi Asini c’eravamo appellati per mettere fine alle nostre tribolazioni, ci illuse di risolvere i problemucci asinini facendoci pisciare controvento per una decina d’anni in una buca2.
Da Erode a Pilato abbiamo mandato gli ambasciatori a perorar la nostra causa, senza mai nulla ottenere, senza mai cavare un somarello dal buco. Dopo virulente battaglie e petizioni scritte con il sudore della fronte solo la Sagra dell’Asino siamo riusciti a fare abolire!
Prima o poi saremo costretti a scendere in piazza per far intendere ai padroni che vogliamo ricever bastonate con maggior grazia, una carezza sul musetto, una caramella alla menta, il reddito di cittadinanza, il sussidio di disoccupazione, il congedo parentale, i bocconi prelibati e i dolcetti dei giulivi cagnolini.
Quelli che sono venuti dopo i mestieranti della parola smerciata a basso prezzo nelle migliori scuole dell’Ellade e di Francia, mi hanno eletto gran signore della stupidità3, mi hanno sbattuto nudo nel ciel4, mi han legato con il carretto dove il padrone meglio vuole, mi han preferito (bontà loro) a un dottore morto della mutua, mi han calzato e vestito come un babbeo per farmi sputar sangue nelle stalle, mi hanno dato spudoratamente dell’ignorantone.
E qui casca l’Asino! Tutti sanno che gli Asini sono istruiti. Non sono le aule affollate di Asini? Non ci sono Asini dietro le cattedre? Non sono Asini quelli che siedono sui più alti scranni?
Carlo Lorenzini da Firenze una volta ebbe la faccia tosta di scrivere ciò che segue:
“… è scritto nei decreti della sapienza, che tutti i ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passano le loro giornate in balocchi, in giochi, in divertimenti, debbono finire prima o poi col trasformarsi in tanti piccoli somari.5”
Lorenzini delle mie zampacce, tiri fuori le prove! Mostri al Supremo Tribunale degli Animali i decreti della sapienza che dipingono i Somari e i loro Ciuchini come degli sfaccendati, dei lavativi, dei nullafacenti tutti presi dai loro balocchi!
Siamo arrabbiati, noi Asini! Noi Asini, dei nostri padroni e dei cialtroni che parlano male di noi, ci siamo rotti gli zebedei! Chi da questo momento in poi oserà saltarci addosso avrà a che fare con i nostri avvocati.
I Somari e i loro figli minori (i Muli, i Pony e i Ciucci) sgobbano dalla mattina alla sera: tirano carretti, portano some, trasportano ciccioni, montano asinelle nei posti più impervi, fertilizzano i poderi e costano poco. Mai vanno a caccia di grilli, mai vanno a cercar funghi, mai si lavorano i padroni, mai aprono il fuoco contro la specie umana o lanciano un raglio bombarolo nei luoghi affollati. Gli Asini non fanno casino. Gli asini non fanno casino mai.
Pensi, Commendatore, l’Asino, dovendo stare al passo con i tempi, si è messo persino a fare pet therapy in numerose illuminate fattorie. E il suo buon latte, simile a quello delle femmine degli uomini, viene dato a dosi di cavallo ai neonati allergici al latte delle vacche. Che roba vero, Commendatore!
Io sottoscritto Asino sono arrivato alla frutta (la frutta… che buona la frutta? chi l’ha mai vista, la frutta!). Sono come uno di quei vecchi catorci rimessi a nuovo che ogni tanto si vedono in giro per le strade, un asino d’epoca insomma. È per i nostri Ciuchini che mi sono permesso l’ardire di scriverle una lettera, Commendatore dei Cieli. Per i tanti piccoli Ciuchini vituperati e senza assicurazione sulla vita ho preso la penna e mi sono infilato in questa bega.
Credo di aver finito, di aver esaurito le batterie da soma. Spero di non essere stato esageratamente asfissiante. A volte lo sono, me lo dicono spesso anche i miei quarantaquattro ciuchetti e le mie tre mogli civettuole dall’alto del comò.
Il tempo di una sigaretta aromatizzata alla biada e chiudo. O forse no. Ah, me ne stavo dimenticando, che Asino sono! Spenda una buona parola, Abate, con Gesù Bambino (che io ho visto nascere) per quella brava maestrina che in terra di Britannia ebbe tanto a cuore il bene dell’Asinello.6 Spinga sull’acceleratore per farla proclamare Santa. Lei non è un Asino, è un Santo. Un Santo tutto può. Lei, eccellentissimo Cavalier Abate, ha troppi Animali da proteggere, troppe gatte da pelare e corre il rischio di andare nel pallone o in depressione. In due, il compito che Dio le ha assegnato durerà solo da Natale a Santo Stefano. Mi dia retta, Commendatore!
Amicone degli Animali, la supplico, non ci faccia pisciare controvento anche lei. Ci faccia andare in un brodo di giuggiole, piuttosto. Faccia il miracolo. Restituisca dignità all’Asino.
Faccia in modo che chi ci governa riconosca la propria natura asinina. Che vada in televisione assieme al suo entourage e dica al popolo tutto: io sono un Asino! Viva l’Asino! Viva la Repubblica fondata sugli Asini!
Devotissimamente.
L’Asino
1Jean de La Fontaine, L’Asino e il Cagnolino. Nel testo si fa riferimento anche alle seguenti favole: L’Asino vestito della pelle del leone, L’Asino e i suoi Padroni, L’Asino e il Cane.
2 Gli asini che si rivolsero a Zeus: “Una volta gli asini, stanchi di portare continuamente pesi e di penare, inviarono a Zeus degli ambasciatori e chiesero di essere sollevati da quelle fatiche. Ma Zeus, per far capire loro che domandavano una cosa impossibile, rispose che avrebbero smesso di soffrire solo quando fossero riusciti a formare un fiume con la loro orina. Gli asini credettero che il dio parlasse sul serio e, da allora fino ai giorni nostri, dove vedono l’orina di un altro asino si fermano anch’essi a orinarvi intorno. La favola dimostra che quanto è assegnato a ciascuno dal destino non ha rimedio”, in Esopo, Favole, 2009, Mondadori.
3 Probabilmente, l’Asino qui si riferisce al suo compare ridicolizzato da Giovanni Buridano, (1290 – 1358 ca.) che muore di fame non sapendosi decidere tra due mucchi di fieno perfettamente uguali, sul presupposto che quando è costretto a scegliere tra due beni giudicati l’uno minore e l’altro maggiore, l’intelletto si determinerebbe necessariamente verso quello maggiore.
4 Non ne siamo sicuri, ma crediamo che l’Autore abbia inteso qui riferirsi al famoso balletto di Stanlio e Ollio “Guardo gli asini che volano in ciel” del film “I diavoli volanti” del 1939.
5 Carlo Lorenzini (Collodi per gli asinelli), Pinocchio, 1966, Boschi, pag. 98.
6 Se non abbiamo preso lucciole per scimmie, dovrebbe trattarsi di Elisabeth Svendsen (1930-2011). La Svendsen ha dedicato la sua vita alla causa degli Asini, tanto da fondare nel 1969 il Donkey Sanctuary (Santuario degli Asini) a Sidmouth, Inghilterra.