E FINALMENTE IL BARDOTTO. Sentirsi diverso: la narrazione di Michele Ceccato

Il bardotto Mario

Sappiamo bene quanto ci aiuti a migliorare noi stessi, la nostra visione del mondo e la relazione tra umani il rapporto con gli animali, e con l’asino in particolare. Uno dei temi che ancora oggi siamo chiamati a dover affrontare, perché per molta parte insoluto, è quello dell’orientamento sessuale, che poggia su ignoranza e mentalità retrograda, purtroppo spesso espresse con toni aggressivi.

La ricerca di se stessi, la fatica dell’abitare il proprio corpo, l’equilibrio tra questo e la mente, già questioni difficili per chiunque particolarmente durante il periodo di trasformazione profonda che è quello dell’adolescenza, si aggrava di fatica nel caso di un percepito rifiuto sociale, spesso ahinoi, come si diceva, reale.

Anche un asino, ma qui finalmente – e significativamente – si parlerà di un bardotto, può aiutarci a formulare una riflessione su un tema di alta, e umana, rilevanza psicologica.  Michele Ceccato – persona eclettica, come possiamo leggere nella sua biografia –  ha usato lo strumento della narrazione per esprimere questi temi. Ad uso innanzitutto dei ragazzi che soffrono nel percepirsi “diversi”.

E siccome, come sanno i lettori, il racconto è una formula molto amata da queste parti, lo pubblichiamo perché porti con parole poetiche un messaggio importante. Inoltre, era da tempo che volevamo valorizzare la figura del bardotto, e abbiamo trovato in questo testo finalmente la possibilità di renderlo protagonista.

(Nelle fotografie il bardotto Mario)

Il bardotto Mario 2

 

IL FRAGILE FIORE E IL FIERO BARDOTTO di Michele Ceccato

 

Finalmente un po’ di quiete.

Anche oggi lo specchio non è stato mio complice: non è facile vedere riflessa l’immagine di un corpo che non rappresenta la propria anima.

E’ difficile lottare ogni giorni con sé stessi, tra quello che si è e quello che si vorrebbe essere. O meglio, tra ciò che gli altri vedono e ciò che è il nostro io.

Non sono di certo una persona forte, sono qui, continuo ad andare avanti, ma mi sembra di vivere per inerzia e tante volte, troppo spesso, mi chiedo che cosa debba fare. Perché non posso essere felice?

Oggi però è uno di quei giorni in cui non ce la faccio più a pensare. Forse perché devo smetterla di scervellarmi. Dovrei invece prendere una decisione. Ma non lo so. O non voglio? O è solo paura? Non lo so. Non ci voglio pensare!

Scendo dalla bici, la poggio alla staccionata e mi siedo sulla panchina. Avevo proprio bisogno della tranquillità delle colline reggiane. Quando devo allontanarmi dai miei pensieri adoro venire in queste zone, affittare una stanza e noleggiare una bici per muovermi in questo verde; in particolare adoro questo piccolo angolo di mondo: una stradina sterrata, un rustico adibito ad agriturismo dove accanto trova posto, nella stalla, un allevamento di asini.

Faccio qualche respiro profondo, osservando la calma placida con cui il gruppo di asini si sta avvicinando insieme al suo pastore per tornare verso casa. Mi sfilano davanti, lenti, calmi e tutto questo mi trasmette un senso di tranquillità.

La mia attenzione, però, viene attirata dall’animale che il pastore sta portando vicino a sé legato ad una corda come guinzaglio. A prima vista mi è sembrato un asino come gli altri, ma guardandolo bene mi ricorda un cavallo. Non riesco a capire a quale dei due animali possa assomigliare di più. Ha un aspetto molto particolare, e questo mi incuriosisce parecchio.

Man mano che si avvicina sembra mi fissi e allora io ricambio lo sguardo, cercando mi capire cosa voglia comunicarmi, ma poco dopo mi interrompe la voce del pastore:

«Ehi! Ciao!»

Distolgo lo sguardo dall’animale e mi volto verso lui: è un ragazzo che avrà più o meno la mia età, sorridente e solare. Indossa una camicia a quadrettoni e dei jeans consumati e sporchi di terra, frutto probabilmente delle molte ore passate tra il lavoro in stalla e nei campi. Guarda me e poi si volta verso l’animale, accarezzandolo come se fosse il suo amico fidato.

«Ti piace?», mi chiede con fare ammiccante, «Ho notato che lo stavi fissando».

«Si… anche se in realtà non credo di aver capito di che specie sia» rispondo timidamente con un sorriso, vergognandomi un po’ di non averlo saputo riconoscere.

«E’ un bardotto, un incrocio tra un cavallo e un’asina. E credo che tu sia un po’ come lui»

Sento il mio sorriso gelarsi sul viso e gli occhi immediatamente riempirsi di lacrime.

Ma come può dirmi una cosa del genere?! Come può paragonarmi a quella bestia?! Non so cosa fare, come reagire, sono nel panico. Senza aggiungere altro, scatto in piedi, salgo sulla bici e mi allontano pedalando il più veloce possibile e cercando di non scoppiare a piangere.

Faccio dei bei respiri profondi per tentare di calmarmi, ma non ci riesco. Dopo qualche altro vano tentativo, sento le lacrime scendere lungo le guance.

Io a confronto con quel bardotto?! Ma chi si crede di essere?! Allora devo proprio sembrare uno scherzo della natura!

Rientro in albergo e corro su per le scale fino ad entrare nella mia camera.

Mi fisso dentro lo specchio.

Eccomi.

Corpo mascolino, camuffato con abiti larghi per nascondere gli spigoli. Viso mascolino, celato dietro lunghi capelli castani e coperto da un velo di fondotinta per nascondere quei segni che non mi rappresentano.

Mi guardo meglio.

Forse è questo che la gente vede: un maschio camuffato da femmina. Forse è questo che la gente pensa di me: che sono ridicolo. Ma c’è una cosa che gli altri non sanno: io sto soffrendo. Il mio non è un capriccio, è un modo per cercare di cancellare quello che non sono.

Eppure il ragazzo di prima mi ha sbeffeggiato. Mi ha fatto capire che agli occhi degli altri io sono solo ridicolo.

Mi volto e mi lascio cadere sul letto scoppiando a piangere una seconda volta.

E tra i miei mille pensieri e le mille preoccupazioni, cado nel sonno.

Toc. Toc.

Questo bussare mi riporta alla realtà. Dove sono? Quanto ho dormito?

«Ci sei?» chiede una voce maschile.

Chi può essere? Non conosco nessuno. Aspetta. E’ il ragazzo del bardotto. Cosa ci fa qui? Il cuore inizia a battermi a mille. Come ha fatto a trovarmi? Cosa vuole? Mi alzo di scatto. Mi guardo allo specchio. Capelli spettinati e il leggero trucco rovinato da tutte le mie lacrime. Mi immobilizzo e cerco di non fare nessun rumore.

«Il paese è piccolino, non ho fatto molta fatica a trovarti. Lo so che ci sei piccolina»

Piccolina? Come fa a saperlo? Vorrà solo continuare a prendermi in giro.

«Ok, fa niente» continua sospirando, «ti lascio qui una cosa. Ciao» e sento i suoi passi allontanarsi scendendo le scale.

Aspetto il portone d’ingresso chiudersi e mi avvicino alla porta. Lentamente la apro e vedo sopra lo zerbino un piccolo libricino. Lo raccolgo e rientro in camera sedendomi sul bordo del letto.

“Il fiero bardotto” è il titolo. Un piccolo libro tascabile con poche pagine e in copertina una foto dell’animale che somiglia molto, anche nei colori, a quello incontrato poco fa.

Inizio a leggerlo e man mano che proseguo nella lettura, mi incuriosisce sempre di più: descrive in modo pratico, ma anche alternativo questo incrocio tra cavallo e asina. E già mi sento in colpa per averlo definito “una bestia”.

Una frase, proseguendo nella lettura, attira la mia attenzione:

“Nel bardotto prevalgono i tratti esterni del cavallo, ma l’indole è più simile a quella dell’asino. Possiamo dire che il bardotto è un cavallo fiero di essere un asino”.

Un cavallo fiero di essere un asino.

Penso e ripenso a questa frase. Sento che è importante, sento che contiene un messaggio per me. La leggo e la rileggo. Ora ho capito!

Il bardotto è un cavallo esternamente, ma nonostante questo si comporta come un asino. Fiero, e perciò non lo ostenta, di essere un asino. Anche se appare subito agli occhi degli altri come un cavallo, non ha paura di comportarsi da asino. E mi tornano in mente anche le parole del ragazzo “Tu sei un po’ come il bardotto”.

Aveva ragione! Non voleva prendermi in giro, aveva capito davvero la mia situazione. E forse proprio il bardotto è la risposta. Il mio corpo e la mia anima, così diversi tra loro, non devono per forza essere in conflitto, ma possono coesistere in equilibrio, prendendo i pregi di ciascuno. Devo mostrare fierezza per la mia indole femminile, anche se al di fuori appaio come un maschio. E non è necessario che io ostenti il mio carattere volendo mostrare a tutti come sono.

Solo chi merita saprà cogliere la mia vera essenza.

Mi alzo subito dal letto, mi ricompongo e corro subito dal ragazzo con il bardotto che trovo lì, dove lo avevo lasciato, che mi accoglie con un grande sorriso.

Ceccato_Michele

Michele Ceccato è nato nel 1987 a Bassano del Grappa (VI) dove vive e lavora. E’ laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, indirizzo Tecnologico Cosmetico, presso l’Università degli Studi di Padova e, dopo aver svolto per alcuni anni la professione di farmacista, si è dedicato all’insegnamento.  Persona eclettica, segue passioni ed interessi che abbracciano i campi più disparati; nel 2006 si è avvicinato al mondo della spiritualità, attraverso la pratica Reiki e i Tarocchi che lo hanno ispirato per la stesura della sua prima opera “Matto per il mondo” (ed. Il Rio), un racconto di crescita personale per spronare le persone a seguire le proprie inclinazioni e la propria Natura.