E COME ANNUNCIATO ECCO A VOI…

targhe

Prosegue, come annunciato, la pubblicazione dei racconti premiati al Concorso di narrativa Asiniùs.

È il turno del secondo e terzo classificato: dopo il primo premio a “Bravo” di Rachele Totaro, che veniva da Occhieppo Superiore (Biella), ancora complimenti a Paola Cosolo Marangon di Capriva del Friuli (Gorizia) e Alessandra Codan di Rho (Milano).

Questi i loro racconti, per i molti che desideravano poterli leggere per intero.

 

2°classificato

CHISSA’ SE LUCA HA BEVUTO IL MIO LATTE… di Paola Cosolo Marangon

 

Oggi è giovedì e succedono due cose belle: arriva il furgoncino dell’ospedale pediatrico a prendere il nostro latte e il pomeriggio viene a trovarmi Luca.

Il furgoncino arriva a metà mattina, si sente il clacson all’ultimo tornante, a guidarlo un signore un po’ buffo con grossi baffi che stira continuamente arricciandoli con le dita.

Saluta con un cenno del capo, guarda noi asinelle e ci fa un sorriso , poi grida ogni volta : “Grazieeee!!” prima di prendere i grossi bidoni di alluminio lucente per metterli dentro al camioncino frigorifero.

Noi asinelle siamo felici, il latte viene portato ai bimbi che non possono mangiare latte di vacca, a quelli che hanno delle allergie: si sa che il nostro è il più simile a quello delle mamme.

Questa mattina quando Alice è venuta a mungermi mi è sembrata particolarmente allegra. Mi spreme le mammelle con delicatezza dicendomi parole dolci, tra femmine ci si comprende.

Dopo la mungitura sono andata a farmi un giro nel vasto prato che attornia la stalla e la casa di Alice e Marco.

Posso trotterellare a perdifiato, assaggiare i primi teneri fiori appena sbocciati.

Da un po’ di giorni la polmonaria ci regala i suoi capolavori rosa e lilla, ma a me piacciono di più le foglie, un po’ pelose e maculate di bianco.

Un tempo avevo incontrato un asino che assomigliava alle foglie di polmonaria, ovvero aveva il mantello liscio e peloso con le macchioline bianche.

Mi sono fatta una bella scorpacciata e poi sono scesa fino al limite estremo dello steccato. Marco non mette il filo con la scossa, usa uno steccato di legno profumato così noi asinelle sappiamo che oltre è meglio non andare, perché ci possono essere pericoli e c’è la strada. Dal limite più a sud del nostro recinto si vedono le montagne. Il Matajur ha ancora il cappello bianco, quando soffia il vento da nord sento l’odore della neve. Le mie narici si allargano cercando di trattenere quel profumo. Io amo tantissimo la neve, mi piace sentirla scrocchiare sotto gli zoccoli, sembra una musica.

La neve era una dei protagonisti dei racconti del nonno, assieme alla montagna. Anzi montagna e neve erano un tutt’uno e il nonno – prima di venire qui da Alice vivevo nella baita con tutta la mia grande famiglia – ci raccontava degli uomini che lui accompagnava. Portava molti carichi talvolta anche pesanti, non si lamentava perché amava il suo padrone e ne era riamato.

Ci parlava sempre del figlio del padrone che tutti chiamavano “Tonio scemo”. Quel ragazzo dormiva nella stalla abbracciato al nonno perché era l’unico che lo capiva.

Fra un po’ arriva Luca, anche lui è considerato come Tonio. Ho sentito più volte la sua mamma dire ad Alice che lo accompagna volentieri al maneggio degli asini perché lo vede tranquillo e felice.

Luca ha una cosa che si chiama autismo, non so proprio che cosa sia ma a mio avviso non deve essere una cosa brutta.

Luca mi abbraccia forte il collo, mette il naso dentro il pelo e starnutisce. Alle volte mi soffia dentro all’orecchio. Io lo lascio fare e anzi mi metto in ginocchio perché lui non è tanto alto. Gli piace anche spettinarmi e poi ride.

Gli umani dicono che Luca non parla ma non è così con me. Mi sussurra nell’orecchio tanti segreti e mi chiama dolcemente per nome.

Gli piace dire di seguito “Bertabertabertabertaberta”. Poi si ferma senza fiato e ride. L’ultima volta mi ha detto che alcuni bambini a scuola gli hanno regalato delle caramelle e gliele hanno lasciate sul banco, senza avvicinarsi troppo. E a lui veniva da piangere e non le ha mangiate. Allora gli ho raccontato che anche a me succede, vogliono darmi l’erba ma quando io sollevo le labbra per non bagnarli di saliva loro mollano a terra l’erba e si spaventano. Dicono che li voglio mordere. Ma non è assolutamente vero. Così dico a Luca che non sempre gli altri hanno brutte intenzioni, magari pensano delle cose perché non sanno e non conoscono.

Si è messo a ridere e mi ha detto che ho ragione. Poi mi ha preso per la cavezza e abbiamo passeggiato a lungo, io gli ho spiegato i nomi dei fiori e delle montagne e lui mi ha detto che gli piace tanto contare tutti i pezzetti dei suoi puzzle.

Così trascorre la nostra ora e sembra sempre troppo presto quando Alice ci chiama.

Luca è un bambino meraviglioso, mi dispiace che gli umani non abbiano ancora imparato a stare un po’ in silenzio per ascoltarlo.

Spero che imparino qualcosa da noi asinelle, ci guardano e spesso pensano che siamo stupide solo perché non abbiamo le parole come loro. Ma noi sappiamo ascoltare al di là delle parole e i bambini ci raccontano tante e tante cose.

Tornando a Luca, non gli ho mai chiesto se anche lui ha bevuto il mio latte, ma credo che non mi possa rispondere, non potrebbe ricordarlo.

A me piace pensare che si, anche lui è stato un po’ nutrito da me, dalla sua soffice Berta.

gruppo

 

3° classificato

 

ASINI SI NASCE di Alessandra Codan

“Mamma io sono un purosangue?”

“Ma cosa dici Battista? Tu sei un asino mica un cavallo.”

“Ma mamma non siamo neanche parenti?”

“Forse alla lontana, non lo so, ma tu devi essere orgoglioso di essere un asino.”

Due settimane prima al Rifugio in cui vivo, si era fermato un furgone da cui era sceso un animale alto, imponente, con il manto lucido bianco e marrone, muscoli guizzanti e una coda e una criniera foltissimi. Avevo sentito un ragazzo dire per la prima volta questa parola: -Purosangue-.

L’avevano accompagnato in un recinto e lì in cerchio era andato al trotto, al galoppo e alla fine alzandosi sulle due zampe posteriori aveva lanciato il suo verso, forte, rivolto al cielo. A me era caduta di bocca la carota, era stato fantastico.

A sera l’avevano fatto risalire sullo stesso furgone ed era andato via, ma avevo sentito dire che sarebbe ritornato, definitivamente e io aspettavo quel giorno con trepidazione.

Nei giorni successivi specchiandomi nell’abbeveratoio avevo cercato le somiglianze: le mie orecchie erano di un bel pezzo più lunghe, il corpo più tozzo, il colore di un grigio spento, la mia coda al confronto sembrava spelacchiata.

“Hiii oh Hiii oh” Niente da fare, mettevo le labbra in modo diverso, le allungavo, le arricciavo, spostavo la lingua, ma usciva sempre lo stesso suono, un raglio.

“Uffa anche se sono nato asino, potrei riuscirci, no?” Pensavo sconsolato.

Probabilmente no, non potevo nitrire, anche se mi ero impegnato tutto un pomeriggio.

Oggi finalmente sento in lontananza il motore del furgone che trasporta Astor, il purosangue, che si sta avvicinando.

Quando arrivo sta già scendendo dal furgone “Benvenuto Astor!” raglio allegramente.

Mi osserva con curiosità: “Tu rappresenti il comitato di accoglienza?”

Io non so nemmeno cos’è un comitato, ma rappresentare qualcosa per lui mi sembra importante e gli rispondo con un “Certo che sììì”

“Bastava una semplice affermazione. Tu esattamente saresti…?” E con un movimento sinuoso del collo sposta la criniera che gli copriva un occhio

“Io mi chiamo Battista”

“Non è un problema mio, ma volevo solo sapere che razza di animale sei”

“Sono un asino e qui con me vivono mia madre e mia sorel…”

“Per carità non farmi tutto l’elenco del tuo albero genealogico, ho capito, ora avvisa pure tutti gli altri che per un po’ non voglio essere disturbato, voglio riposarmi” e mi supera raggiungendo con un balzo il recinto già aperto.

Va bene, forse ha bisogno di un po’ di tempo per adattarsi alla sua nuova vita, intanto alla prima occasione dovrò chiedere a mia madre quale tra gli alberi del rifugio è quello genealogico.

Per una settimana non riesco più ad incontrare Astor, dopo averlo aspettato tanto, il suo arrivo ha coinciso proprio con le mie ultime lezioni di trekking con l’operatore. Con cavezza e longhina mi porta a spasso insegnandomi a riconoscere alcuni comandi vocali e io mi diverto.

“Battistaaa!!!” Una mattina un nitrito fortissimo mi sveglia di soprassalto.

E’ Astor, ha bisogno di me. Mi precipito, ma non sono un purosangue io.

“Come va? Stai bene?” gli chiedo con un raglio ansimante

“Se fossi stato male con il tempo che c’hai messo per arrivare sarei già stecchito, è che il tuo è l’unico nome che conosco, per ora. Ma bando alle chiacchiere, ti ho chiamato perché oggi concederò udienza”

“Udienza?”

“Sì, non guardarmi a bocca aperta, parlo degli altri animali del Rifugio, ormai saranno tutti impazienti di conoscermi e li capisco naturalmente, anch’io non vedrei l’ora di conoscermi se non fosse che mi conosco già. Raduna tutti e portali qua, perbacco”

“Ma veramente oggi è la giornata in cui vengono a trovarci i bambini speciali e le loro famiglie. È la mia giornata preferita” gli raglio con sguardo sognante.

“Perché mai vengono qui?” Astor scalpita irrequieto

“Perché qui si sta bene! Vengono a salutare le caprette, i maiali, le mucche e a conoscere te. A noi asini ci accarezzano, ci spazzolano, possono salirci in groppa se vogliono. Ormai sono pronto anche per fare delle passeggiate con loro!”

In quel momento arriva Claudio, l’operatore.

“Vieni Battista! Stanno per arrivare.” Astor sbuffa. “A dopo” gli raglio dietro, ma è distratto e non risponde.

“Benvenuti!” Una delle volontarie si occupa dell’accoglienza “Ora iniziamo il giro del Rifugio. Incontrerete tutti gli animali che vivono qui. Ricordate che l’unica cosa vietata è dar loro da mangiare. Ci accompagnerà come al solito la nostra mascotte Battista.”

Quando arriviamo davanti al recinto dei cavalli, Astor fa prima alcuni giri trottando, poi comincia una corsa che si fa via via più veloce e strappa anche gridolini e applausi, è una vera e propria esibizione.

Infine baldanzoso nitrisce e si ferma vicino allo steccato dove i visitatori sono più numerosi. All’improvviso, uno dei bambini si lancia anche lui in una sorta di galoppata scalpitante verso la staccionata, puntando proprio Astor. Questi prima lo guarda avvicinarsi stupito, poi terrorizzato si impenna menando gli zoccoli dove capita e infine scappa dall’altra parte del recinto. La folla è ammutolita, tutti gli umani intervengono prontamente: chi per calmare Astor, chi per tranquillizzare il bambino, chi per far spostare tutti un po’ più indietro. Astor ha le pupille più grandi che io abbia mai visto e fissano il vuoto mentre lo stanno accompagnando nella stalla. Il bimbo ride in modo strano, continua a girare la testa a destra e a sinistra, sembra confuso. Io decido di avvicinarmi con circospezione, Claudio è lì accanto a me, capisce e mi accompagna dal bambino.

“Ehi, c’è qui qualcuno che vorrebbe tanto fare la tua conoscenza” gli dice sorridendo. Inizialmente non mi considera, poi dopo avermi girato un po’ intorno si ferma davanti alla mia testa, Claudio gli fa fare un passo indietro così possiamo guardarci negli occhi e allora per un attimo riesco a catturare la sua attenzione.

Mi accarezza sul dorso e sulla testa, come gli dice l’operatore e sembra già più calmo. “Mi piace, è morbido!” Dice sorridendo.

Da quel momento in poi tutto fila liscio. Claudio è convinto che con lui funzionerà a meraviglia l’onoterapia, cioè la terapia con me e ne sono convinto anch’io, un asino certe cose le sa per istinto.

“Battistaaa!!” il giorno dopo sento ancora Astor nitrire a squarciagola il mio nome. Corro con la mia solita andatura da asino.

“Dimmi! Cosa succede?” Si abbassa verso di me e per la prima volta da che è arrivato, mi guarda attentamente: “Sei stato incredibile ieri con quel ragazzetto. Ti ho visto dalla stalla, io ero ancora atterrito e tu invece gli sei andato incontro e lo hai calmato. Non mi era mai capitato di ammirare qualcuno, a parte il mio riflesso, si intende. Non sei un cavallo tu, ma sei davvero forte!”

“Sai com’è…se nasci cavallo non puoi diventare un asino…però…” mi avvicino un po’ di più, d’altronde lui non ha le orecchie grandi come le mie e gli sussurro “…Però puoi averne uno come amico! …” E scoppiamo tutti e due a ridere in un meraviglioso miscuglio di ragli e nitriti.