Giulio e Valentina | Io sto con l’asino

 

Arriva, lo so lo so, adesso arriva la domanda.

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“Ma scusa, che ci fai con un asino?”

Ecco, uff, lo sapevo. Butti là un raglio chi non si è sentito chiedere questo, dopo aver scelto di vivere con quell’animale dalle lunghe orecchie sempre tra i piedi. Normalmente rispondo “Io, con l’asino, sto”.

Gli sguardi accondiscendenti che seguono non ve li devo raccontare io, li conoscete benissimo, se siete lettori di questa rivista.

Ed è quella frase che mi ha fatto pensare a chi davvero, semplicemente, con l’asino vive, avendo scelto di trascorrere del tempo con lui senza neppure esserne collega nelle attività assistite. A tutti loro vogliamo dedicare uno spazio, una rubrica che abbiamo chiamato “Io sto con l’asino”, da leggersi – lo avete capito – anche con il secondo significato di essere “dalla parte di”. Com’è per tutti noi che desideriamo restituire valore e dignità a questo animale troppo spesso bistrattato.

Noi stiamo con l’asino. E ci stiamo molto bene.

A inaugurare la rubrica è Valentina, che vive a Milazzo con Giulio, Giulio scecco per la precisione.

Valentina – che nella sua vita precedente si occupava di montaggio cinematografico – ha anche grandi capacità di narrazione, e ne approfittiamo, lasciandole la parola e pubblicando senza toccare una virgola questo meraviglioso racconto del pezzo di esistenza che la lega all’asino.

E siamo certi, certissimi, perché è capitato anche a noi, che vi troverete qualcosa, e forse molto, della vostra vicenda di asinari, compresi i guai, compresi i dubbi e lo sconforto, perché ci sono sempre anche questi, ipocrita non dirlo. Valentina esprime l’esperienza come meglio non si potrebbe, senza tralasciare la condanna della retorica, tema a noi molto caro. “Mansueto un corno”! dice. E spesso è vero così. Non sarà questo a non farcelo amare.

È lei  dunque ad aprire, nel migliore dei modi e con grande merito, questo spazio che ospiterà interviste o resoconti di chi, con l’asino, come Valentina “non fa nulla”. Se non vivere.

AG

 

Giulio e Valentina

 

Era un po’ che parlavo e straparlavo di asini, ma in fondo è come quando si dice vorrei andare a vivere in Australia o vorrei fare il giro del mondo in barca a vela, quelle cose che poi la vita ti porta sempre da un’altra parte, così quando in una soleggiata mattina di novembre di otto anni fa ho visto arrancare nel vialetto d’ingresso un fuoristrada con un van al traino, ho pensato che la vicina avesse ricomprato un cavallo. Mi sbagliavo di grosso. Un amico mi aveva presa in parola ed era arrivato, dopo una deviazione di trecento chilometri dal macello di destinazione, con una “sorpresa” per me. Sono rinomata per accogliere i cani disperati e abbandonati, ma un asino proprio non me lo sarei mai aspettata e non ero preparata. Di asini non ne sapevo proprio niente, solo che a quel punto, come potevo rimandare quel pacco ingombrante al mittente?

La stalla della mia vicina era vuota, il recinto richiedeva solo qualche piccola manutenzione e gli occhi di quel puledro, spaurito, incrostato di sterco, inavvicinabile, mi hanno convinta: va bene somaro, proviamoci. Con la fortuna che ho non mi poteva capitare una dolce asinella già abituata all’uomo, troppo facile, mi è capitato un puledro intero di circa dieci mesi con un carattere nevrile e senza documenti, un clandestino figlio di nessuno.

I primi tempi non sono stati facili. Lui, Giulio, era schivo e scontroso e conquistare la sua fiducia è stato un lavoro lungo e paziente. Mi sedevo nel recinto e stavo lì, facevo finta di niente e mi sentivo un po’ scema. Aspettavo. Ogni giorno si avvicinava mezzo metro in più fino a quando non sono riuscita a toccarlo. Quando sono riuscita a spazzolarlo è stata la prima piccola grande conquista e solo per riuscire a mettergli la capezza sono passati altri due mesi. Pensavo di aver fatto passi da gigante e invece mi sbagliavo. Il mio desiderio di conquistarlo mi aveva portato a viziarlo e avevo tralasciato un lavoro molto importante: stabilire le gerarchie e le giuste dominanze. Insomma avevo conquistato la sua fiducia ma non il suo rispetto e lui mi trattava come una compagna di giochi mordendo, impennandosi e caricandomi. Avevo impostato il rapporto come se fosse un cane. Del resto nella mia vita avevo avuto a che fare solo con i cani, ma lui era un asino di taglia grande, non un cucciolo di cane.

Morale: avevo sbagliato tutto. Dovevo imparare a gestirlo prima che diventasse ingestibile.

Ho cominciato a cercare notizie in rete fino a quando mi sono imbattuta in siti e blog dedicati agli asini, dove ho incontrato persone che mi hanno aperto gli occhi insegnandomi tanto, soprattutto mi hanno fatto capire che non volendo fare un allevamento dovevo assolutamente castrarlo.

Un incontro fondamentale è stato un omaccione bolognese che con gli asini ci parla: Stefano Vignali. Ha cominciato a darmi consigli “virtuali” e poi gli ho fatto una proposta che non poteva rifiutare: “Vieni una settimana in Sicilia a fare i bagni in un mare come si deve e vediamo se nel frattempo riusciamo a rimettere in sesto le cose con Giulio”. Mi ha insegnato quello che si può/deve fare con un asino e soprattutto quello che non si deve fare. Gli devo molto.

Ho ricominciato tutto da capo, cercando di smontare e rimontare quello che avevo costruito male, cosa che non è assolutamente facile visto che gli asini bisogna convincerli e la coercizione serve a poco. Negli anni mi sono sempre più convinta che in loro sia innato un profondo senso di giustizia. Credo che siano degli animali coerenti e non accettano messaggi doppi, paradossali. Un cane lo freghi, un asino mai!

 

Giulio e Valentina

 

Alcuni dicono che Giulio abbia sangue Pantesco per la morfologia e per come trotta e galoppa e più di una volta mi hanno proposto uno scambio: “In fondo tu una femmina la gestiresti meglio, lui sarebbe perfetto per un palio”. Giulio è ancora qui e dopo anni abbiamo trovato una buona intesa. Non me ne libererei mai. Mi ha fatto mettere radici e per una vagabonda di mare e di terra non è il massimo, ma va bene così. Ormai è parte di me come lo sono i miei cani. Siamo una famiglia e da quando è uno splendido castrone anche i commercianti hanno cominciato a girarmi al largo.

A volte mi chiedono cosa ci faccio con un asino. All’inizio cercavo di dare delle risposte intelligenti, ora rispondo semplicemente: “Niente”

Questo “niente” per me è stata una gran bella conquista ed è un “niente “  che  racchiude un mondo.

Negli anni in cui Giulio è capitato qui si cominciava a parlare della loro “rivalutazione”, della “riscoperta” dell’asino. Tutto giusto e sacrosanto, ma insieme alla poesia si faceva strada una doppia retorica. La prima era quella di chi cercava di   lucrarci   con le varie attività e onlus fiorite come funghi intorno a questa “riscoperta” – latte d’asina, onoterapie varie spesso improvvisate, corsi e convegni – delle quali il tempo ha fatto giustizia a discapito di molti ingenui che ci sono caduti. La secondo “retorica”, più melensa, è stata quella “dello splendido animale, paziente, dolce, mansueto”. Mansueto un corno! Questa retorica ha tratto molti in inganno, e molti “dolci amici pelosi” sono stati rispediti al mittente.

Anche per questo ho scelto il “nulla” e a chi mi dice che gli piacerebbe prendere un asino rispondo sempre di pensarci bene, che sono animali spartani ma non semplici, o meglio, la loro semplicità è complessa.

 

 

Ora mi piace vederlo correre, passare del tempo con lui, alzargli gli zoccoli per pulirli, sapere che vive qui, a cinquanta metri da casa. Sapere che quando mi sveglio lui sente il cigolare della porta del bagno e comincia a ragliare per chiamarmi, che siano le cinque di mattina o le nove e il suo udito non lo tradisce mai. Mi piace sapere che c’è, che è stata una deviazione di percorso, uno scarto, un destino a farci incontrare. Lui era destinato al macello, io di asini non ne sapevo niente, ma il trailer ormai era già qui, lo hanno scaricato a forza in tre e me lo hanno rifilato come un regalo.

Alla fine lo è stato, un grande regalo.